Si vuole che nella premessa l’autore spieghi i motivi che lo hanno portato a trattare l’argomento e lo illustri in maniera sintetica, chiarendo le intenzioni e le finalità che desidera raggiungere, indicando i destinatari ideali a cui lo rivolge e accennando all’impalcatura dell’intera struttura. In questo caso la ricostruzione storica.
In molti lavori la premessa diventa una sorta di confessione, per cui l’autore veste i panni dell’imputato costretto, in certo qual modo, a dire la verità per non vedersi infliggere una scomunica o una pena per reato d’opinione. Ecco la mia verità. L’idea di ricostruire la storia di Lecce dal 1979 al 1989, attraverso i fatti più salienti, mi è venuta improvvisamente, senza alcun motivo apparente. Poi, a furia di rimuginare, la conferma che non fosse un’idea da scartare è venuta dopo avere osservato che l’ampio panorama editoriale locale è sprovvisto di una pubblicazione sugli anni appena citati.
Ho pensato ai giovani di oggi, a mia nipote Gaia nata nel 1986, ai suoi amici coetanei che, se desiderano sapere cosa è accaduto a Lecce nell’anzidetto decennio, quali sono stati i fatti più eclatanti e quale è stato il consequenziale atteggiamento dei cittadini, non hanno alcun punto di riferimento. Per esempio, per le persone della mia stessa età (67 anni) l’aprile 1986 è diventata una data memorabile perché, dopo il disastro accaduto il 26 aprile alla centrale nucleare di Chernobyl, fu scagionata l’ipotesi dell’insediamento di una centrale simile in provincia di Lecce, cambiò l’atteggiamento verso quel tipo di energia e l’ambiente e quel rischio cominciò a fare parte del patrimonio memoriale di molte famiglie.
I giovani di oggi sono a conoscenza di quel fatto, ossia dell’ostinato rifiuto del nucleare di un massiccio fronte popolare? Forse è giunto il momento di agganciarlo agli atteggiamenti di uguale rifiuto, di indignazione e di impegno civile manifestati dai conterranei nei confronti della TAP di Melendugno.
In corso d’opera questo principale referente, i giovani ripeto, a volte si è sdoppiato, comprendendo i leccesi d’età matura (aiutati a ricordare e a ricordarsi), altre volte è svanito, altre ancora i suoi contorni sono stati più netti. Per potere evidenziare i fatti accaduti circa quarant’anni fa, avrei dovuto consultare tutte le testate giornalistiche locali, sobbarcandomi un lavoro certosino e impegnativo sia mentale che fisico, così lungo da non potere prevedere la conclusione. Certo entro un tempo non breve. Mi sono ricordata che, nei primi anni da impiegata presso l’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo, per svolgere il compito assegnatomi di addetta alla “rassegna stampa” – per i miei trascorsi di pubblicista – leggevo i principali quotidiani locali oltre che il settimanale Voce del Sud, diretta da Ernesto Alvino, che si riceveva in abbonamento.
Ho rammentato il piacere trasmessomi dalla lettura di alcuni articoli apparsi nelle sue pagine riservate alla cultura, alle quali collaboravano prestigiose firme di giornalisti, scrittori, intellettuali a livello nazionale e locale; dalla divulgazione delle notizie di cronaca locale che, spesso in una rubrica o in uno spazio a parte, venivano commentate con tono a volte pungente, a volte stemperato da una battuta di spirito. Rileggendoli, tuttora mi provocano una risata spontanea oppure danno l’occasione per richiamare alla memoria avvenimenti accaduti decenni e decenni prima.
Ma come conciliare il fatto che “Voce del Sud” fosse di “destra” ed io priva di ogni genere di fascino verso questa, con impostazioni profondamente opposte?
Mi è venuta in aiuto la quotidianità, contrappuntata dall’ascolto di notiziari radiofonici e televisivi, di trasmissioni riguardanti argomenti di attualità politica, oltre che di costume, condotte da opinionisti di diverso orientamento politico e, all’apice del gradimento, della rubrica di libri “Quante storie” condotta dal valentissimo Corrado Augias.
Nella puntata del 23 maggio 2019 egli ha presentato “Me ne frego” di David Bidussa, storico sociale lontano dalle posizioni del fascismo, il quale, secondo il citato conduttore, ha avuto un’idea brillantissima: ha concentrato l’attenzione sul linguaggio parlato da Mussolini (all’inizio della sua carriera politica quand’era socialista, prima che gettasse nell’abisso una nazione) per capire come mai ricevesse quell’enorme consenso che tutti conosciamo. Come riuscì a creare quel fenomeno gigantesco di convincere le classi popolari, anzi proprio il proletariato, che scaturiva da un’oratoria e, quindi, da un lessico, rispondente a un’idea di cultura, a un modo di pensare e di immaginare un rapporto politico-sociale strutturato in modo eloquente, in seguito cambiato e puntato poi sull’accettazione dell’autorità e la subalternità, sull’io personale e sul noi collettivo.
L’operazione del Bidussa appare oltremodo interessante soprattutto in un momento storico qual è quello attuale, attraversato da linguaggi più o meno pericolosi, ma meno coerenti e meno costruttivi di quelli adottati durante il periodo mussoliniano.
Un’operazione letteraria e una chiave di lettura di cui ho tenuto conto quando ho deciso di utilizzare gli articoli della “Voce del Sud”: osservare attentamente il linguaggio che avrei trovato leggendone gli articoli. Sì, qualcuno di essi è scritto con un tono imperioso, inequivocabile, con un linguaggio alquanto vibrante, usato da una firma aderente alla posizione politica fascista. Altri articoli, quelli rivolti agli amministratori politici, puntavano il dito sull’incapacità di governare. Ma, riconoscendo e rispettando la faziosità, non ne ho tenuto conto.
Messo da parte questo intoppo ho centrato l’attenzione su alcuni specifici argomenti di cronaca cittadina tra cui: il restauro di alcuni monumenti risultato eterno per alcuni di essi; il degrado del centro storico giunto agli estremi in alcuni rioni; l’incuria del verde pubblico segnalata ai massimi livelli in alcuni punti della città; la ripetuta sollecitazione alla raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani dal cui smaltimento ottenere interessanti composti; la prova che il traffico automobilistico non regolarizzato provoca l’emissione di CO2, cioè la fonte più inquinante dell’atmosfera; la persistente battaglia contro l’insediamento di una centrale nucleare sul territorio salentino spiegandone le sacrosante ragioni; le chiese chiuse ovvero aperte oltre gli orari canonici; i negozi con le saracinesche abbassate il sabato pomeriggio e via dicendo, e mi sono trovata sulla stessa lunghezza d’onda.
Il linguaggio letto non mi ha provocato sconcerto o turbamento e gli articoli estrapolati hanno consentito di farmi un’idea del clima che regnava in città avvolgendone i residenti. Essi sono stati un punto di partenza per scrutare in profondità alcuni aspetti e renderli più esaustivi. Per esempio, leggendo notizie o commenti riguardanti lo svolgimento di concerti, spettacoli ed eventi diversi, organizzati singolarmente dalle Associazioni preposte, sono stata spinta a soffermarmi per indagare meglio su questo aspetto del tempo libero in città. Ho trovato, infatti, un pullulare di Associazioni, Circoli ricreativi, Cineforum, CRAL che io stessa non ricordavo più.
* * *
Non vi è stata da parte mia alcuna intenzione di commentare le notizie. Le ho semplicemente riportate. Tuttavia non posso fare a meno di esprimere qualche impressione sugli amministratori (non tutti beninteso) che si avvicendarono a Palazzo Carafa: in eterno torpore, privi di energia e di audacia, di impegno nel ripristinare ogni forma di originario decoro e di antica bellezza salvaguardando il patrimonio storico-monumentale locale, assenti nel proporre una dinamica crescita urbana, completamente privi di voglia di riscattare la città e il territorio comunale da secolari ritardi strutturali.
Mi è parso come se, decennio dopo decennio, si fossero avvicendati politici accomunati da un’indole caratterizzata dall’incapacità di risolvere in tempi brevi problemi di ordinaria gestione. A tal punto che, per alcuni di questi, il dibattito si è protratto così a lungo che è “sfinito” nel nulla, senza che si giungesse a un rimedio utile e concreto del problema. Come se non si disponesse di rappresentanti politici capaci di battere con violenza il pugno sul tavolo dei diritti senza timore di farsi male alla mano.
Valgano per tutte due questioni: nel primo caso la collocazione della tettoia che copriva lo storico mercato coperto, effettivamente mai risolta, con cui apro la presente ricostruzione storica. Attualmente la struttura metallica, dopo un accurato restauro, giace vergognosamente abbandonata tra le erbacce. Nel secondo caso l’istituzione della Facoltà di Medicina presso l’Università di Lecce sempre ostacolata dall’Ateneo di Bari. Per non dire dei collegamenti ferroviari.
Al contrario, nel 1985 l’ampliamento dello stadio comunale fu fulmineo!
Per fortuna che la popolazione, quando ce n’è stato bisogno, dimostrò di essere agguerrita, di non gradire le imposizioni che avrebbero provocato danni al territorio e alla propria salute, di rifiutare più che altro ogni forma di ostinazione mentale oltre che politica. Mi riferisco all’ipotesi, già ricordata, di insediamento di una centrale nucleare in un comune della provincia leccese.
Ecco allora che la presente ricerca, oltre che ai giovani, è rivolta pure agli Amministratori locali perché meditino sui ritardi del passato e su un modo di amministrare la città che, a distanza di un tempo così lontano, provoca una profonda riprovazione e quasi ribrezzo.
Riproponendo il modo consueto di presentare i miei lavori, all’interno delle pagine apro spazi per ospitare interventi diversi dai miei, ossia curiosità, indagini, esplorazioni che fungono da interessante corollario all’argomento.
In questa pubblicazione il lettore troverà una sorta di “intervallo”: l’inserimento (spero nel posto giusto) di interi brani o pagine della “Voce del Sud” perché particolarmente gradevoli o incisive, comunque attinenti alla narrazione. Alcune di esse in particolare le affido alla sensibilità del lettore, altre desidero condividerle perché inducono al sogno e ad una riappacificazione con la città o sollecitano uno sguardo meno severo, un giudizio più bonario del solito e un’ammirazione rinnovata. Scevra da ogni ipotetica operazione romantica.
In alcuni casi sono andata oltre la notizia giornalistica e ho investigato a fondo l’argomento per cercare di scovare la sua genesi e conoscerne i meccanismi interni e renderli meno astratti. È accaduto, per esempio, riguardo al contrabbando di sigarette per il quale è stato difficile incontrare qualcuno disponibile a parlare di quel mondo non proprio idilliaco. Con molto tatto sono riuscita a sapere quali regole esistevano dietro un’attività che, per chi la gestiva, era come tante altre di provata legalità.
Anziché riproporre una carrellata di articoli osannanti la vittoria del passaggio in A della squadra del Lecce, ne ho inserito soltanto uno e due distinti interventi di due concittadini tifosi, residenti uno a Torino e l’altro a Firenze perché per entrambi, nella piacevolissima circostanza, non era tanto la passione per il calcio che riaffiorava, ma ciò che ricordava la squadra vincitrice: la città d’origine che, per mille motivi, si era dovuta lasciare. Fisicamente, ma non mentalmente.
Sono convinta che molti altri argomenti sono stati trascurati e me ne scuso fin d’ora coi lettori. Magari potranno essere oggetto di una ricerca successiva.
Qualcuno si chiederà perché la scelta è caduta proprio sugli anni 1979-1989 e non sul 1980-1990. Per uscire dall’ovvietà.
Ora è tempo di lasciare al lettore la curiosità che, mi auguro, queste pagine sapranno destare.
L’Autrice